
UN PUNTO SULL’HR TECH – LA CANDIDATE EXPERIENCE
di Davide La Piana
Torniamo a parlare di HR tech e questa volta facciamo un approfondimento sul suo impatto rispetto a uno dei pilastri fondamentali dell’Employer Branding: la candidate experience.
“Candidate experience” è come i candidati si sentono nei confronti della tua azienda una volta che hanno sperimentato il tuo processo di selezione. Questi “sentimenti” dei candidati, buoni o cattivi che siano, influenzano la loro decisione di accettare la tua offerta di lavoro o candidarsi in futuro nuovamente al tuo annuncio. Influenzano anche altri futuri candidati, dato che queste esperienze sono tra le informazioni che più spesso vengono veicolate nel proprio network, oltre che nelle recensioni online.
Nel tempo dell’hr tech su questo argomento si sono moltiplicati strumenti, indicatori e best practices. Andremo ad approfondire alcuni di questi aspetti, cercando di capire come la digitalizzazione possa aiutare i recruiter a garantire ai propri candidati un viaggio migliore all’interno del processo di selezione. Le parole chiave sono: semplicità, comunicazione, umanizzazione.
1. Semplicità
Candidarsi ad un’offerta di lavoro dovrebbe essere semplice e rapido, e il nostro Applicant Tracking System gioca un ruolo cruciale in tutto questo: è importante che sia ben integrato con i canali di reclutamento che gestiamo e che permetta al candidato di passare dall’annuncio alla finalizzazione della candidatura in pochissimi click. Occorre quindi minimizzare l’impatto (in termini di tempo) della registrazione di un account da parte del candidato, preferire sistemi che riescano a importare dati direttamente dai canali di reclutamento (es. Easy Apply di LinkedIn), oltre che investire su sistemi di CV Parsing evoluti (che evitano al candidato di dover riscrivere all’interno del sistema decine di informazioni già presenti nel CV).
Il nostro Career Site è un altro elemento fondamentale: dovrebbe essere progettato in modo che il candidato che cerca uno specifico annuncio o gli annunci in linea con le proprie competenze possa trovarlo facilmente, senza impazzire in un elenco di categorie sicuramente chiarissime al recruiter ma potenzialmente oscure al candidato. I chatbot hanno aiutato molto in questo senso, permettendo un’interazione che aiuta il candidato nel suo viaggio, lo informa e ne semplifica il percorso. E’ molto importante in questo caso scegliere strumenti che non svolgono un ruolo meramente “selettivo” (killer question, matching di parole chiave), ma che riescano a portare il candidato in una dimensione più esplorativa, in grado di trasmettergli elementi di cultura aziendale e di rispondere a sue eventuali domande tramite il rimando a contenuti specifici.
2. Comunicazione
Durante un processo di selezione, la comunicazione candidato – azienda dovrebbe essere quanto più chiara, completa e tempestiva possibile. Al candidato deve essere chiaro a che punto del processo di selezione si trova, quali sono i tempi di attesa per ricevere un feedback o per aspettarsi un next step. Il candidato deve avere a disposizione informazioni riguardo le persone che incontrerà durante il processo di selezione, quanto dureranno i colloqui e come verranno strutturati. Infine, il candidato deve essere in grado di ricevere in tempi molto brevi un riscontro alla propria candidatura o ai task che gli vengono assegnati
durante un processo di selezione, in quanto un candidato che sta cercando lavoro è attivo e ingaggiabile da altre aziende alla ricerca di un profilo come il suo.
Se fino a qualche anno fa gestire questi scambi comunicativi con un gran numero di candidati poteva risultare faticoso, oggi la tecnologia permette di snellire molti passaggi alzando inoltre l’asticella della qualità comunicativa e dell’accesso alle informazioni da parte del candidato: scegliere un Applicant Tracking System che sia in grado di gestire semplici automatismi (invio di email template personalizzabili grazie a placeholder che rimandano a dati specifici del candidato, invio di alert automatici nel momento in cui la candidatura viene ricevuta, invio di task automatizzati nel momento in cui ci si trova in uno specifico step di selezione, invio di feedback automatici al verificarsi di determinate condizioni) può essere risolutivo in tal senso.
Un’altra delle possibilità in grado di migliorare la comunicazione candidato – recruiter e di conseguenza la candidate experience è quello di permettere al candidato di poter accedere all’agenda del recruiter per prenotare in autonomia uno slot per un colloquio: questo può ridurre di molto il numero di comunicazioni ridondanti e i ritardi nell’organizzazione dello stesso.
3. Umanizzazione
Ci siamo finora soffermati su alcuni strumenti tecnologici che permettono di migliorare la candidate experience e sulle best practices per il loro utilizzo, ma non abbiamo ancora chiuso il cerchio con la parte cruciale, ovvero quella umana. Spesso l’aspetto umano e quello tecnologico vengono visti in antitesi, ma la buona tecnologia deve essere in grado di creare ponti tra le persone invece che barriere.
La tecnologia può umanizzare, ma solo se l’umano nell’adottarla non si deumanizza. Oggi la tecnologia è in grado di snellire tutto il lavoro iniziale (di un candidato e di un recruiter) per abbinare un CV a un lavoro appropriato, raccogliere le informazioni necessarie per un reciproco scambio iniziale, programmare automaticamente gli scambi comunicativi, fornire le informazioni di cui si ha bisogno per prepararsi al meglio per il processo di selezione, scambiarsi feedback. Questo renderà il processo di selezione più rapido e interattivo, ma ciò che lo renderà significativo in termini di esperienza saranno soprattutto i contatti che il candidato avrà con i suoi interlocutori.
Sarà nel rapporto con le persone che il candidato potrà trovare indizi di risposta alle sue “soft question”: “Come sarà il responsabile che incontrerò al prossimo colloquio?” “Com’è davvero lavorare da voi?” “Cosa pensi della mia idoneità per la posizione?”
Sarà un umano a dover essere pronto a supportare il candidato nel caso qualcosa vada storto nella comunicazione digitale o nell’utilizzo degli strumenti: dalla mail finita in spam all’audio del pc che durante la videointervista in differita è saltato. E se ci fosse un problema di digital divide?
Sarà una persona a parlare dell’offerta, ad ascoltare e mettere in fila le aspettative del candidato e le necessità di budget dell’azienda per negoziare un trattamento soddisfacente da ambo le parti.
Saranno le persone, per chiudere, a gestire tutta la parte veramente cruciale della candidate experience. E potranno farlo, grazie alla tecnologia, in maniera più focalizzata, informata e trasparente.